La magica attrazione dei corpi non ha spiegazione, ma ha il potere di trasformarci, a tutte le età. Un’intervistatrice di eccezione incontra l’attrice simbolo della bellezza italiana. Per parlare di amore, amicizia e cappelletti in brodo
Monica Bellucci è la sua voce. Così femminile, così antica, una voce bambina, forgiata da tutte le lingue che parla o nelle quali recita (italiano inglese francese spagnolo portoghese iraniano greco…), e l’accento umbro si perde in un’inflessione esotica, atemporale e apolide. Ciò che più colpisce è la freschezza. E la classicità. Monica Bellucci è la pittura italiana. Un’amorosa Madonna della Seggiola, ma anche un’inquieta Madonna di Andrea del Sarto, tutta ricci e spire.
Al cinquantesimo piano del grattacielo Allianz dove partecipa alla presentazione delle novità Nivea di cui è testimonial («Sono felice di essere portavoce delle filosofia di Nivea, legata a una visione della bellezza femminile senza tempo» dice), Monica Bellucci è arrivata in chemisier di tessuto jeans morbido lungo fino ai piedi. Una statua coperta, presagio della sua riservatezza. Sinuosa e aerea, sensuale e disincarnata, vicina e inafferrabile, cordiale e segreta, campionessa di ping pong verbale, bravissima in difesa prima ancora di essere attaccata, abile nel rispondere in generale a una domanda personale, tante volte le si volesse estorcere qualche confessione più intima. Una maga dell’elusione.
Lei è nata in Umbria, a Città di Castello, e d’estate andava a Selci Lama, che suona più esotico di Mompracem…
«L’Umbria è il giardino d’Italia, protetta dalle montagne che circondano quel mistero incantato, pieno di santi e artisti».
Gli amori d’infanzia?
«Le nonne, mie maestre di vita. Sono state tutto. Sapienza, amore, protezione».
Com’erano?
«Quella paterna metteva il rossetto per andare in chiesa, un gesto di libertà totale, lo faceva solo per sé. Il fatto di piacersi la faceva accettare anche dagli altri. Forte, piccolina, magrissima, una tempra formidabile. La nonna materna aveva una femminilità prorompente, e la capacità di ridere con le lacrime. Ho visto solo lei così. Rideva, ma la coscienza dei grandi dolori sofferti non la lasciava mai. Io vengo dalla provincia, la meraviglia dell’Italia è che qui ogni realtà è una realtà provinciale».
E in provincia, la sua bellezza faceva scandalo?
«La bellezza ispira e infastidisce allo stesso tempo».
Com’erano con lei uomini e donne?
«Giuseppe Tornatore ci ha fatto un film, su questo».
Malena, dove lei interpreta una donna che paga molto cara la sua bellezza. Come si difendeva da ragazzina?
«Il desiderio non è amore, è possesso. Si riconosce subito. E poi le donne non mi erano tutte nemiche come nel film, anzi. Io amo le donne, ancora mi vedo con le amiche del liceo».
Amori da ragazzina?
«Ho avuto un fidanzato ad Assisi».
Com’era la vostra storia?
«Io andavo a scuola, e lui pure».
L’amore dei suoi genitori?
«Mio padre lavorava, mia madre no. Sono stata fortunata, ho avuto una mamma tutta per me, mentre adesso con le mie figlie mi tormenta che spesso non ci sono. Noi donne che lavoriamo viviamo nel senso di colpa».
I suoi erano preoccupati della sua avvenenza?
«No, sono cresciuta libera, molto più delle mie amiche».
È facile alle cotte?
«No. Ho avuto storie importanti lunghe, e ogni tanto piccoli intermezzi. L’amore lo vivo nel tempo, lo scopro amando».
Com’è essere un sex symbol universale?
«Ma io ho 54 anni, mica 20!».
Però, il seno lo fanno vedere tutte, ma esce il suo topless in Mozart in the jungle e fa il giro del mondo.
«È tutto merito della produzione!». (ride a cascata)
Lei è fra i personaggi femminili ad avere avuto più premi e onori. Ma ho saputo del più straordinario: lei è una Gallina onoraria! Si chiamano così le amiche per la pelle che si riuniscono intorno a Maria Sole Tognazzi…
«(Ridendo) La gallina è una bellissima cosa, è l’origine del mondo, il cibo primario. Maria Sole per me è una sorella, e le altre, Valeria Golino, Claudia Gerini… donne pazzesche, coraggiose, divertenti. Le mie amiche sono sacre, l’amicizia è una delle forme più belle d’amore. Con le amiche dividi i momenti più duri, puoi mostrare le tue fragilità sapendo che ti proteggeranno».
Si litiga, anche?
«Nelle amicizie ci si deve anche perdonare, perché siamo fragili tutti, ma c’è la possibilità di non perdere l’amicizia, perché nessuno è perfetto e bisogna parlarne. O anche no: certe volte siamo più grandi delle parole».
Dell’amore ha detto: «Ho tradito e sono stata tradita».
«Quando si tradisce si è sempre in due a ballare il tango. Ognuno ha le sue responsabilità».
Lei è molto amata anche dalle donne, che la prendono a modello. Questo la riscalda?
«L’amore del pubblico gratifica l’ego, non il cuore. Sono persone che non conosci e che non conoscono te. È una forma di affetto, ma quello che arriva al cuore è l’amore delle figlie, di chi amo, che conosco e mi conosce. E poi, pubblico o no, se c’è una cosa di me che non mi piace, rimane quella».
Che effetto le fa la folla?
«Mi intimidisce. Vado a Cannes, tappeto rosso, a Venezia, ai Golden Globes… Devi fare un grande lavoro su te stessa, la gente pensa che sia facile invece no, sei totalmente esposta, mando giù la saliva e dico: lo devo fare».
Con Vincent Cassel avete girato sei film. Fare un film con chi si ama aumenta la complicità?
«Ho lavorato con lui come si lavora con un attore con cui c’è una bella sinergia. Ma la vita è un’altra cosa. E poi c’è un bel detto in Italia: fra moglie e marito non mettere il dito».
Cioè mi devo fare gli affari miei?
«Certe cose si possono dire, e altre no. Quando due si lasciano, l’importante è mantenere il rispetto in nome del passato. Il futuro non si può prevedere, ma quello che c’è stato è per sempre».
Lei è stata con dei belli pazzeschi. Vincent Cassel, un démone del fascino, e quel bel Gesù di Nicolas Lefebvre. Che mi dice di loro?
(Nessuna reazione)
Potrebbe amare anche un brutto?
«Per me tutto è bellezza. Uno sguardo, un modo di fare… Se uno mi piace diventa bellissimo».
In amore è importante ridere insieme?
«Sì, ma anche piangere. Ci vogliono tutti e due. Se no, guardarsi senza dire niente».
Come la trasforma l’amore?
«Mi può rendere brutta, triste o bellissima. Dipende se stai con un uomo che ti innalza. Però bisogna andare nel basso per andare verso l’alto».
Quando ama, è più ispirata come attrice?
«Io sono sempre innamorata perché ho due figlie, un innamoramento perenne».
Le ha allattate?
«Sì, come una lupa».
Le ama alla stessa maniera?
«L’amore è amore e basta».
Ha mai avuto amori platonici?
«Sì, e sono importanti. Ma più importanti quelli vissuti. A me piace toccare, sono molto passionale».
Torniamo a «Ho tradito e sono stata tradita». Come ci si sente a tradire chi si ama?
«Si può tradire senza volerlo davvero. Il tradimento fa male a chi lo fa e a chi lo riceve. (Voce emozionata). Ma certe volte devi passare di là per capire, e tornare indietro».
Ha detto: «È un dilemma gestire sentimento e sessualità».
«Non è la sessualità che domina il sentimento. Per fortuna».
Ha definito il risveglio femminista un vulcano, ma non siamo ancora molto indietro?
«Oggi si parla molto della violenza sulle donne».
Se ne parla, ma non cambia niente!
«È un concetto urlato, mentre prima, tutti zitti. In Francia le donne sono molto battagliere. Ma anche in Italia si muovono, lavorano, pensano. Ogni donna ha un suo modo di lottare. Le italiane a volte abbassano gli occhi, ma vedono tutto».
Si innamora sul set?
«Un grande regista diceva: non voglio che mia moglie lavori su un set perché non c’è luogo più erotico. C’è un’atmosfera magica, necessaria per creare. Ma da lì a innamorarsi ce ne corre. È una forma d’amore, certo, l’amore è una forza che regola il mondo (a bassa voce): speriamo».
E l’amore, come finisce?
«Quando finisce è triste. E bisogna fare in modo che continui sotto un’altra veste. Nessuno sa perché finisce. Forse in una vita abbiamo bisogno di più vite, e anche gli amori cambiano».
Le donne si lagnano che i maschi non capiscono il corpo delle donne.
«E noi capiamo il corpo degli uomini? Non ci capiremo mai, e forse è meglio così, lasciamo le cose al mistero».
Dicono che dopo i 40 solo un giovane sa seguire con tenerezza il bel percorso di una ruga. È così anche con Nicolas Lefebvre?
«Dipende dalle persone. E poi si cambia. Io da piccola odiavo i cappelletti in brodo, mo’ li adoro, è così anche per tutto il resto».