«HO SOFFERTO E AMATO, LA MIA (SECONDA) VITA È BELLISSIMA»
Nella libreria della casa romana di Monica Bellucci, l’italiana più
famosa al mondo, ci sono le opere – consunte e annotate – di Simone de Beauvoir, Elsa Morante, Abraham Yehoshua, Tahar ben Jelloun, oltre che del suo concittadino Mario Capanna, nato come lei a Città di Castello, in Umbria.
Monica, lei è di sinistra?
«Sono convinta che si debba aiutare chi ha bisogno. E che si debba rispettare di più il lavoro».
«La mano di mia madre sulla fronte. Anch’io, quando le mie figlie Deva e Léonie erano bambine, prima di dormire mettevo loro la mano sulla fronte. Un gesto di raccoglimento, di protezione. Un modo per calmare i momenti agitati».
E il suo primo ricordo pubblico?
«Lo choc del bambino nel pozzo. Alfredo a Vermicino. Quel piccolo corpo solo nel buio, al freddo, il contorsionista che scende sino a toccarlo ma non riesce a portarlo su… fu l’incubo della mia adolescenza».
Cosa faceva suo padre?
«Aveva un’azienda di autotrasporti. Camion. Sempre fuori. Sono cresciuta in mezzo alle donne. Mia nonna paterna, Ada, era maestra. La nonna materna, Giuseppina, ha cresciuto cinque figli con dedizione assoluta».
Deva Cassel, la sua primogenita, 14 anni, è già stata su un set fotografico, a Ravello.
«Le è venuto naturale, spontaneo. La genetica…».
È identica a lei.
«Ma no, ha lo stesso taglio degli occhi del padre, un po’ a mandorla…».
E Léonie?
«Anche lei è un misto. Più mediterranea. Ha nove anni, il suo talento è scrivere: ha composto le prime canzoni. Le piace la regia. Deva e Léonie sono le mie braccia. Le mie ali».
Sono bilingue?
«Fanno la scuola internazionale, parlano anche inglese, spagnolo e portoghese. Ma sono mezze italiane e mezze francesi».
Cos’hanno di francese?
«Ad esempio quando ti guardano così, secche, con gli occhi duri: non dicono niente, ma hanno parlato. Però quando si arrabbiano cominciano a muovere le mani, ad alzare la voce, a parlare italiano».
Dove sono nate?
«A Roma, tutte e due. Io sono come le tartarughe: a fare i figli torno sempre nello stesso posto».
Parti difficili?
«Da contadina umbra: tutto liscio; tre ore Deva, due ore e mezzo Léonie».
Lei a che età è stata sul suo primo set?
«Le prime foto a 13 anni e mezzo, una margherita tra i capelli, con un amico di famiglia, che di mestiere faceva l’orafo. A 16 mi portarono da Oliviero Toscani. Dietro di me era già pronta una ragazza con gli stessi tratti, gli stessi capelli neri lunghi, la stessa età: se non fossi piaciuta a Toscani, l’alternativa era già lì. Per fortuna gli sono piaciuta».
A lungo di lei si è detto che era sì bellissima, ma non sapeva recitare.
«All’inizio era vero. Mai andata a scuola. Ma ho guardato le altre attrici…».
Quali?
«Tutte. Anna Magnani, Sophia Loren, Virna Lisi, Gina Lollobrigisulsida, Monica Vitti. E ho avuto la fortuna di lavorare con grandi registi. Coppola, Tornatore, Gaspar Noé, Kusturica, Lelouch, Gibson…».
Mel Gibson ha fama di uomo terribile.
«Il talento è un regalo del cielo. Stavamo girando La passione di Cristo, un film faraonico, ricordo la scena della crocefissione piena di controfigure, e tutto ruotava attorno al regista. Un po’ come in Otto e mezzo, quando Fellini è rannicchiato ad attendere l’ispirazione e tutti stanno in piedi ad aspettarlo».
Anche Depardieu ha una fama sinistra. Ma quando lo intervistai due anni fa a Parigi, la sera del duello Macron-Le Pen, mi sembrò
un uomo dolcissimo.
«Anche con me lo è stato. SiaLollobrigisul set sorridente di Asterix, dove lui faceva Obelix e io Cleopatra, sia su quello più serio di Combien tu m’aime, in italiano Per sesso o per amore?. Io ero una prostituta e lui il mio sfruttatore, innamorato di me; ma alla fine fuggivo con un altro. Gérard nella realtà è timido e riservato».
E De Niro com’è?
«Paziente. Ogni tre ore dovevo scappare dal set per allattare Léonie, e lui è stato molto carino. Ho allattato la grande fino a nove mesi e la piccola per un anno».
Per Mel Gibson è stata Maria Maddalena, per Tornatore Malena.
«Sono stata la Maddalena redenta, che Gesù salva dalla lapidazione. E Malena prima viene schernita dal paese, che poi torna a rispettarla dopo il ritorno del marito. È giusto portare in scena il dolore delle donne. Il dolore ci ha rese più forti».
È stata anche stuprata in Irrevérsible.
«Non mi sono mai tirata indietro, quando mi hanno chiesto una scena difficile. Un’attrice deve esplorare anche la zona buia dell’esistenza. E poi non mi sono
fatta toccare: è stata una scena orchestrata per il cinema, ritmata come una danza, una prodezza da circo».
Cosa pensa del #MeToo?
«È sempre positivo quando le donne trovano il coraggio di parlare, quando superano l’ancestrale senso di colpa».
A lei è mai accaduto di essere molestata e ricattata?
«Non mi sono mai trovata in sida tuazioni che non fossi in grado di gestire».
È stata a Cannes con il film di Lelouch. Che parte ha?
«È un segreto… la storia di un uomo e una donna che si ritrovano dopo cinquant’anni. Io sono la figlia di Trintignant. È straordinario recitare con lui, abbiamo trovato una grande sinergia».
Suona il telefonino. È Vincent Cassel. Risponda pure, Monica.
«Dopo. Stiamo parlando».
Come sono ora i vostri rapporti?
«È rimasto un grande affetto. Per le nostre figlie ci siamo sempre».
Non l’hanno fatta soffrire le foto di Deva e Léonie con Tina, la nuova compagna di Cassel, da cui ha appena avuto un bambino?
«E perché? Siamo divorziati dal 2013. È normale che abbia un’altra storia».
Sui social hanno chiesto a Tina se Monica Bellucci è bella. Ha risposto:«Yes».
«È stata carina. La ringrazio».
Lei ha raccontato che tutto quelloin cui credeva si è sgretolato in una notte. Quale notte?
«Non c’è stata una notte. E non è accaduto all’improvviso. Sono stata io a prendere la decisione; ma quando una donna se ne va, forse è già stata lasciata. Ci si lascia sempre in due».
Ha sofferto molto?
«A volte si passano periodi che ti mettono a dura prova. Se riesci a risollevarti, è un miracolo che ti fa vedere le cose in altro modo. Forse oggi non reagirei così, forse reagirei peggio. Forse ci sono ostacoli che si rivelano benedizioni, perché fai un salto verso l’alto. La penso come Malaparte: l’essere umano dà amore quando è in caduta aspettando la rinascita, non quando è seduto sul trono della gloria».
Si dice che le donne, a differenza degli uomini, tradiscano quando hanno un motivo, una rivincita da prendersi, ad esempio quando si sentono trascurate. È così?
«Un tempo avrei detto di sì. Ora ho capito che non esistono le donne e gli uomini; esistono le persone. Ci sono uomini che sentono e agiscono in modo femminile. E ci sono donne che agiscono in modo maschile».
Lei come agisce?
«Sono femmina. Tendo a esserefedele».
Ora ha un nuovo amore. Nicolas Lefebvre. Bellissimo, capellone. Diciotto anni meno di lei. Un gallerista, dicono.
«No. Sono io che interpreto una gallerista, nel prossimo film, L’homme qui avait vendu sa peau. Nicolas è un artista. Scultore. Assembla le cose fino a creare qualcosa che non c’era. Mi ha fatto scoprire un mondo nuovo».
Le hanno rinfacciato di aver detto: «Non mi vedrete mai con un ragazzo».
«Ma non è un ragazzo! Ha 37 anni e una figlia di dieci! Un giornalista mi chiese se sarei potuta stare con un diciottenne, e risposi di no. Riconfermo. Anche se
rispetto chi fa scelte diverse. Tra maggiorenni e consenzienti, in amore tutto è possibile».
La differenza d’età viene “perdonata” più facilmente se il piùgrande è lui.
«È vero. Una mia zia passò tutta la vita con un uomo più giovane di vent’anni. Resistette a ogni forma di pressione. Volevano farglielo lasciare, e lei niente. Se ne andò novantenne e felice».
Lei Monica passerà tutta la vita con lo scultore capellone?
«Chi lo sa… non è certo un fatto di capelli (sorride). Vincent era sempre rasato. Ho girato un film per cinque mesi alle Hawaii con Bruce Willis, che è calvo ed è uno degli uomini più sexy del mondo… Il tempo lascia tracce che possono rendere una persona più interessante. Con Nicolas siamo stati paparazzati, così abbiamo deciso di andare insieme a un defilé, in modo che poi ci lasciassero tranquilli».
Di solito si dice che il tempo renda più interessante l’uomo ma distrugga la bellezza femminile.
«Certo il tempo ci cambia. Cambia il corpo, soprattutto se hai partorito. È un corpo che ha dato; per questo è diverso. Le imperfezioni non ci devono spaventare».
Accettare il tempo che passa è una forma di libertà?
«Mi sono sempre sentita libera. Un po’ selvaggia. Non ero fatta per l’uncinetto».
A differenza di molte sue colleghe, ha sempre evitato il chirurgo estetico. Perché?
«Perché finora non ne ho avvertito la necessità. Non escludo di farlo in futuro. Non ci vedo nulla di male. L’importante è farlo per sé stesse, non per gli altri».
La bellezza intimidisce i corteggiatori?
«È sicuro che una donna considerata bella si senta tale? Che sia sempre consapevole di sé?»
Anche Macron sta con una donna più grande. L’ha conosciuto?
«Sì. Un uomo estremamente intelligente. E Brigitte è una donna forte, di grande carisma. La loro è una vera storia d’amore».
Come spiega la rivolta dei Gilet gialli?
«La Francia è un Paese di rivoluzionari. Lo sono anche le donne. Guerrigliere. Giovanna d’Arco, Simone de Beauvoir, Louise Bourgeois. E Simone Veil, che sopravvisse ai lager, con il numero tatuato sul braccio, e diede alle donne i diritti civili. Poi a volte le rivoluzioni riescono, a volte no. Ma è un popolo che non si abbatte. Non a caso il simbolo della Francia è il gallo».
Gli italiani invece sembrano di cattivo umore.
«Un tempo invece si diceva che i francesi fossero italiani arrabbiati… Aveva ragione Umberto Eco: siamo campioni di autodenigrazione. Ogni volta che torno in patria mi dicono: “Hai visto che casino?”. Forse abbiamo avuto troppi papi e troppi re; e aspettiamo che qualcuno intervenga a risolvere tutto. Il bello è che talora succede davvero. Come se avessimo un Dio misericordioso che ci protegge».
Cosa pensa di Salvini?
«Non lo conosco. Se lo incontrerò, lo giudicherò».
L’Italia resta un Paese maschilista?
«Un po’ di machismo c’è ancora; ma le donne italiane hanno imparato a difendersi. E nelle case vige il matriarcato. Le donne custodiscono il senso della famiglia. Sanno amalgamare le differenze, grazie alla loro rotondità. Trasmettono il vocabolario, la genetica. È una forza importante».
Come immagina l’aldilà?
«Ho paura della morte. Non ho mai toccato un morto. Non l’ho mai visto».
Crede in Dio?
«Non lo so. Credo nella forza della vita. Nell’energia vitale che è dentro di noi e in ogni cosa. Credo nella legge del cosmo di cui facciamo parte tutti. E mi pongo più il problema dell’uomo che quello di Dio».
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