Belle model di Elle MONICA
UN PORTONE PESANTE, una corte parigina segreta, e mi ritrovo in uno studio con un campo di vera erba, con al centro un vecchio letto di ottone che sembra pronto per spiccare il volo. Un set fotografico è sempre il regno del sogno, ma se a lavorarci sono due grandi che hanno fatto la storia come Fabrizio Ferri e Monica Bellucci, l’occasione è preziosa.
Per i 30 anni di Elle, Monica ha accettato di tornare ai suoi inizi, prima della carriera cinematografica che l’ha portata da Roma a Parigi e a Hollywood, e ha avuto l’idea di un viaggio a ritroso accostando foto di allora e di oggi, giocando con il tempo di cui non hanessuna paura. «Coco Chanel diceva che la natura ti dà il volto dei tuoi 20 anni, la vita plasma il volto dei 30 anni, ma il volto dei tuoi 50 te lo devi meritare. Il viso della nostra età matura è il risultato di quello che abbiamo capito della vita, delle scelte che abbiamo fatto, di quello che abbiamo buttato e di quello che invece abbiamo tenuto».
Parliamo alla fine dello shooting, lei in tailleur pantalone nero e viso struccato, io ancora sotto l’impressione delle ore straordinarie in cui l’ho osservata da un angolo del set, mentre – autoironica, allegra, impeccabile – è tornata a muoversi davanti alla macchina fotografica ell’artista che l’ha scoperta, quando era una ragazzina appena arrivata a Milano da un paesino dell’Umbria. «Monica mi spiazzava», ricorda Fabrizio Ferri con tenerezza, «perché invece di cercare di sedurmi come sarebbe stato naturale, mi faceva ridere. Era di un’allegria travolgente. In realtà non aveva bisogno di essere seduttiva. Era così bella che non c’era molto altro da fare, solo scattare».
Anche ora è così. È come assistere a una danza. Lei che entra con un nuovo vestito e sa in modo istintivo quello che deve fare, e si affida allo sguardo di lui, che in pochi scatti costruisce dei quadri, ora fiamminghi, ora barocchi. «Io mi abbandono solo quando sento che c’è un’autorità naturale, che quello che dò è ricevuto nel modo giusto», dice Monica. «Il nostro è un bellissimo matrimonio artistico, non ci sono mai state incomprensioni, non ci siamo stancati, non ci siamo lasciati».
Negli occhi scuri, deliziosamente approfonditi dalla vita, si intravedono le difficoltà di cui leggiamo sui rotocalchi ma non sapremo mai da lei, che è di una discrezione leggendaria sul suo privato. Mentre lui scatta, lei fa minimi movimenti essenziali – alza il viso verso la luce, abbassa gli occhi ombreggiati dalle ciglia – e tutto trova il suo senso. «In una donna passato, presente e futuro sono un’unica cosa. È tutto ora. Una donna che guarda una foto del suo passato non deve dire “questa ero io”, ma “questa sono io”», dice Fabrizio, cogliendo in pochi attimi precisi Monica e la sua silenziosa recitazione sul filo del tempo.
«Quando ho iniziato a fare cinema, tanti mi guardavano e dicevano “ecco un’altra modella che vuole fare l’attrice!”», ricorda Monica. «Invece io penso che il cinema sia sempre stato il mio sogno. La prima volta che sono andata a sfilare a New York, Ralph Lauren mi ha detto: “tu non sei una modella, sei un’attrice”». Ride scuotendo la bella testa.
Ha iniziato a essere allegra fin dal primo momento, quando è uscita dal camerino e ha detto a Fabrizio con aria birichina: «Hai visto, ho tagliato i capelli: cosa dici?». E anche se lui non ci credeva li aveva tagliati lì, in un attimo, con l’aiuto del parrucchiere, perché lei e il parrucchiere erano stati ispirati così dal set fotografico. Si ride molto durante questa giornata, trascinati dalla loro danza a due, dove ci sono poche parole e pochi ritocchi della truccatrice e del parrucchiere, che sistemano dettagli che sembrano già perfetti. Alla fine di ogni sessione, Monica e Fabrizio si abbracciano ridendo. Monica si cambia di nuovo e arriva, bellissima, nell’abito Dolce & Gabbana che sembra le sia stato cucito addosso: nero con fiori, e sopra uno spolverino di leopardo. Sussurra con gli occhi ridenti parole a Ferri, e si appoggia alla testata del letto. Fabrizio scatta, e chiede alla cabina di regia: «Com’è?». «Bella!», rispondono due assistenti all’unisono. Mi viene da sorridere. Dal camerino, durante i cambi degli abiti, si alzano di continuo scoppi di risate. La parola che ti viene subito in mente è armonia.
Nelle pause Monica risponde alle mie domande, come in una conversazione. Mi pianta in viso quegli occhi scuri e profondi e si presta al gioco, anche se prima vuole farmi lei delle domande: «La frase che guida la mia vita è una frase di Platone: “Sii sempre gentile con chi incontri, perché anche lui sta combattendo la sua dura battaglia”».
A metà pomeriggio si interrompe per chiamare le figlie, 13 e 7 anni, che sono tornate da scuola. Cosa insegni alle tue figlie? Mi guarda sorridendo: «Direi cosa insegnano loro a me. Nella Bibbia si dice onora il padre e la madre, ma nessuno ci dice di onorare i figli. Sicuramente come genitori facciamo degli errori, allora bisogna imparare a chiedere scusa».
Mentre passa l’uomo del catering, si sporge per afferrare un moelleux al cioccolato, dolce che le si addice enormemente. Armonia, dolcezza, abbandono. Un istinto per costruire la sua carriera, alternando film d’autore – l’ultimo, quest’anno, è l’onirico On the Milky Road di Emir Kusturica – e film di genere. Il prossimo, che inizia a girare fra poco a Sydney, è un horror ironico dei fratelli Kiah e Tristan Roache-Turner, dove, mi spiega deliziata, «per la prima volta interpreterò una cattiva vera!». Fa solo un film all’anno, per stare con le figlie. Segue l’istinto, procede per scoperte e abbandoni. Del tempo che passa sa fare buon uso, e si ribella allo stereotipo che passi più tristemente per le donne: «Non è vero che gli uomini soffrono meno. A volte li vediamo perduti. Forse noi donne siamo fortunate, perché la natura ci scandisce il ritmo del tempo con tre fasi: pubertà, età fertile e menopausa. Basta solo seguirla. E smettiamola di avere paura della parola “menopausa”. Non è affatto la fine della sessualità: al contrario, è solo l’inizio di un nuovo modo di utilizzare l’energia femminile, che non è più dedicata al concepimento ma ad altre forme di creazione. È un nuovo modo di vivere delle donne che appartiene alla nostra generazione. Abbiamo una vita biologica più lunga, stiamo imparando a conoscere meglio il nostro corpo e anche a essere più libere». La parola è armonia, ve l’avevo detto.
Cristina De Stefano
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