Léonie studia così tanto?
«Tutte devono seguire i corsi online. Léonie ha quattro ore al giorno: francese, matematica, spagnolo, inglese. Io le sto accanto, tanto poi la devo aiutare a fare i compiti. Ho l’impressione che con il confinamento i docenti ne diano ancora di più per occupare i ragazzi. Osservo i maestri insegnare in videoconferenza. Li ho rivalutati, almeno i più dolci e pazienti. Che mestiere…»
Quali libri legge o quali film sta riscoprendo, costretta tutto il giorno in casa?
«Potrei raccontare che sto divorando Nietzsche, Kant o Oscar Wilde, ma giuro, il mio mondo ruota intorno alle tabelline e ai perimetri dei quadrilateri. Fra l’altro, spero che a un certo momento pure Vincent cominci a occuparsi di tutto questo».
Com’è fermare una vita come la sua, una ruota che gira all’impazzata?
«Il confinamento ci obbliga a un raccoglimento, a pensare. Pure all’amore, all’amicizia, alla famiglia. I miei genitori hanno 83 e 77 anni e sono a Città di Castello. Penso tantissimo a loro. Il tipo di vita che faccio in questi giorni mi riconduce alla provincia italiana, a un’esistenza di quotidianità, di rituali. Le mie origini ora mi aiutano tantissimo. Ho avuto una famiglia molto presente, figlia unica con mamma, zie, nonne».
Un mondo di donne. Ma è vero che un giorno al liceo un docente le disse di struccarsi?
«Sì, il professore di latino e greco. Avevo 14 anni, quarta ginnasio. Che poi avevo un po’ di mascara, niente di più…»
Ne rimase scioccata?
«Per nulla. Ubbidii e basta».
Il suo motto in questi giorni?
«Adda passà ‘a nuttata, diceva Eduardo. Ma sarà lunga. Qui in Francia la situazione sta degenerando, ma ogni sera vado a vedere il numero di morti in Italia: è terribile. Ho un peso sul cuore. Io sono empatica, sento il dolore degli altri».
Qual è stato il suo ultimo impegno lavorativo o?
«Ho girato a Roma The girl in the fountain, il primo film di Antongiulio Panizzi. Ma ci mancano ancora tre giorni di riprese. Chissà quando le potremo fare. È una storia ispirata ad Anita Ekberg. Dico solo che sarà un gioiellino».
E ora, ha da lavorare?
«Tantissimo e spero di poterlo fare quando, tra due settimane, iniziano le vacanze scolastiche. Mi sto già esercitando sulla versione italiana di uno spettacolo che ho interpretato quest’inverno a Parigi, Maria by Callas. È stato il mio debutto in teatro. Dovrei portare la pièce a Spoleto, al Festival dei Due Mondi, d’estate».
Altri impegni ha previsti?
«Due film. E qui accanto a me ho i copioni da studiare. Uno con l’attore belga Benoit Poelvoorde, dal titolo Inexorable, del regista Fabrice Du Welz. È la storia di una coppia solo all’apparenza perfetta. È un film molto duro. Come l’altro del resto, dei fratelli David e Stéphane Foenkinos. Sanno raccontare la follia umana con compassione, alla ricerca del mostro che c’è in tutti noi».
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